I figli di Plaza de Mayo, Italo Moretti, Sperling & Kupfer Editori, Milano 2002.
Il furto dei circa cinquecento neonati dei giovani che subirono la repressione dei militari argentini, tra il 1973 e il 1983, è definito da Moretti “un crimine tanto osceno da sembrare inverosimile”. Dopo l’arresto dei loro genitori o dopo la nascita avvenuta in carcere, centinaia di bambini ancora in fasce vennero affidati a famiglie di militari , di loro amici o di membri dell’alta borghesia, legati comunque alla dittatura. I genitori naturali venivano torturati e poi uccisi, gettati da un aereo in volo o sepolti in fosse comuni come NN il più delle volte.
Moretti parte dall’esperienza diretta accumulata in anni di carriera giornalistica, a lungo dedicata al racconto e alla documentazione degli eventi che più hanno caratterizzato l’evolversi della storia contemporanea sudamericana, ponendo l’attenzione sulla lotta perpetuata dalle Madres e dalle Abuelas de Plaza de Mayo contro il dramma dell’indifferenza e la paura di ricordare di gran parte della società argentina.
Queste donne coraggiose e determinate, sole, minacciate, spesso abbandonate anche dalla comunità internazionale, intrapresero con coraggio, dal 1977, la ricerca di quelle creature rese orfane da una violenza inusitata, strappate dalla radice, private dell’identità.
La fine della dittatura diede fiato alle denunce di chi, pur a conoscenza di false paternità, aveva taciuto ed è iniziata da quel momento una nuova battaglia.
“Il piano di sterminio delle forze armate – scrive Moretti – è unico: un genocidio. Non razziale, né etnico né religioso, un genocidio ideologico. La sua esecuzione è affidata a esercito, marina, aeronautica, polizia federale”. Sequestrati e uccisi i genitori, nell’indifferenza generale di tutti i paesi stranieri, compresa l’Italia di fronte a migliaia di discendenti di emigrati italiani, “i bambini sequestrati e nati in prigioni segrete rappresentano un autentico bottino di guerra; come tali vissero nella condizione di schiavi. Essi furono vittime di una violenza fisica e psicologica”.
Molti dei neonati rapiti vivono ancora oggi nelle famiglie dei loro sequestratori: le nonne di Plaza de Mayo si sono prima improvvisate detective, poi con il tempo hanno affilato le loro tecniche ed hanno migliorato le armi a loro disposizioni, conseguendo importanti risultati. Hanno avuto l’aiuto di medici, psicologi e avvocati e con loro valutano tutte le segnalazioni che ricevono per cercare di raggiungere i loro nipoti ormai adulti. La prova del DNA permette di scoprire la parentela e il giudice può far effettuare obbligatoriamente l’esame del sangue: le leggi emesse dai governi argentini negli anni successivi alla dittatura e che hanno permesso l’amnistia per quasi tutti i reati commessi in quegli anni, non comprendono il furto di neonati.
Oggi i figli dei “desaparecidos” che hanno scoperto ed accettato la verità sulle loro origini, si sono uniti alle nonne per cercare gli altri “niños” e per ottenere giustizia, perché gli assassini dei loro genitori e i ladri di bambini vengano giudicati e condannati per gli orrendi reati commessi.
“Il libro – scrive l’autore nell’introduzione – non è la riproposta di una storia del passato, ma il racconto di una vicenda umana senza precedenti che continua nel presente ed è proiettata nel futuro”: la storia di quei cento ragazzi che hanno abbandonato le famiglie in cui sono cresciuti (si calcola che altri 400 non siano ancora stati individuati), delle loro nonne, dei loro genitori sequestrati e scomparsi e, insieme, la storia di un paese che sta tentando di risolvere i problemi del passato per porre le basi una vera democrazia.
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