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Emilio Massera
Nota biografica di un genocida
Massera
Emilio Eduardo Massera è nato a Paranà, Entre Rios, il 19 ottobre del 1925, da un ingegnere figlio di immigrati svizzeri e una casalinga; la famiglia presto si trasferirà nella città di La Plata. Emilio è il secondo di cinque fratelli, tutti educati severamente da un padre politicamente conservatore, amante dell’ordine, dei militari e delle dittature. Frequenta il Collegio Nazionale di La Plata, conseguendo voti mediocri e distinguendosi per la frequenza con la quale attacca violentemente i compagni. È proprio questo carattere collerico a convincere il padre ad iscriverlo all’Accademia Navale, nella speranza che la vita militare lo avrebbe corretto. La prima settimana nella scuola militare la trascorre in carcere; egli è totalmente incapace di rispettare qualsiasi forma di disciplina e l’acquisizione delle regole di vita militare è, per lui, un continuo subire castighi e punizioni che incattiviscono ulteriormente il suo animo violento.

Diventa presto il leader di un gruppo di studenti della sua classe rimasto famoso nella storia dell’Accademia per la crudeltà delle punizioni che infliggeva ai ragazzi più piccoli. Il gruppo, che chiamavano “La logia”, si basa sulla convinzione acquisita da Massera che la lezione fondamentale della formazione militare sia chi più castiga, più acquisisce potere.

Va detto che l’Accademia della Marina subiva fortemente il fascino dalla Royal Navy britannica, in cui gli studenti più brillanti venivano inviati dall’Argentina per completare il ciclo di studi e vi acquisivano spessissimo l’abitudine di partecipare all’associazionismo massonico. Una passione a cui Massera non saprà resistere fin da giovane, convinto che partecipare a quei salotti lo avrebbe aiutato nella carriera.

Non dimostra grande ascendente sulle donne, ma presto il protocollo lo obbliga ad avere una fidanzata e nel salotto dello Jockey Club di La Plata, incontra Delia Esther Vieyra, la figlia del presidente del Club, detta Lily, ragazza fortemente miope, famosa per la scarsa brillantezza intellettuale dimostrata in diverse occasioni pubbliche.
Massera vede nella giovane la possibilità di elevare il proprio status sociale, al momento anela l’appartenenza all’aristocrazia più di qualsiasi altra cosa e dopo pochi mesi di corteggiamento, la chiede in sposa. Il loro matrimonio risulta molto solido, regolato fermamente dall’indole autoritaria del futuro ammiraglio, mai distratto, mai fuori dalle regole, mai titubante, caratteri che ritiene fondamentali per il raggiungimento dei suoi obiettivi: denaro e potere.

Al termine dell’accademia Massera diventa noto tra i suoi superiori per l’efficienza e la precisione nell’eseguire gli ordini, ma anche temuto dai suoi sottoposti per il clima di terrore che è capace di istaurare con le sue punizioni esemplari. Diventa uno dei principali difensori dell’ordine costituito, pronto a tutto per imporlo, questa nomea gli vale la possibilità di venire scelto come “secondo” dal ministro della Marina.

Antiperonismo e anticomunismo
Dopo la deposizione di Peròn, il nuovo ministro Clement, lo mantiene al suo posto, anche egli affascinato dalla sua ferrea fedeltà agli ordini istituzionali. Poco tempo dopo Massera diventa il braccio destro del capo del SIN (i servizi segreti della Marina), iniziando ad occuparsi direttamente della repressione dei dissidenti, dei peronisti e dei comunisti. Il SIN si occupa anche dei membri dell’Esercito, all’epoca molto più forte della Marina, ma diviso nelle correnti degli "Azules" e dei "Colorados" in lotta per accaparrarsi il potere ed il SIN cerca di aggaravare la collisione per sfruttarne i benefici.

È l’inizio degli anni ’60 ed insieme al suo prestigio Massera vede crescere l’ambizione ed il desiderio di apparire in pubblico, sfoggiando atteggiamenti prima insospettabili: diventa noto per il look “giovanilista” che sceglie per le occasioni mondane, per i jeans che indossa goffamente, per le compagnie femminili che non disdegna mai. Alla fine del decennio viene distaccato per un breve periodo presso la base navale di Puerto Belgrano e dopo essere stato decorato Capitano, ottiene l’incarico di guidare la fregata “Libertad” nel suo giro del mondo.

La P2
In questa fase si avvicina a Massera, Licio Gelli, potente leader della loggia massonica italiana “Propaganda 2”, che utilizza un suo affiliato, il capitano di vascello Carlos Alberto Corti, un personaggio di secondo piano, per conoscere e legare alla propria organizzazione l’ambizioso capitano. Gelli vede in Massera un cavallo vincente su cui puntare ad occhi chiusi, un cavallo di troia utile a penetrare in maniera definitiva nell’establishment argentino, mentre Massera vede nella potente loggia massonica l’appoggio utile a creare le basi economiche ed il network di potere necessario alla propria ascesa politica.

È proprio il legame piduista che unisce Massera a Peròn e Lopez Rega (ministro del Bienestar Social del governo di Isabel Peròn e prima, segretario personale dell’anziano leader) che determina lo sviluppo successivo della carriera di Massera e purtroppo, della storia argentina di quegli anni. Con il ritorno di Peròn dall’esilio madrileno, dopo il ritorno al governo del peronismo con Campora, si sviluppa una nuova fase della storia contemporanea argentina che rappresenta il preambolo all’affermazione della dittatura militare.

Il fanatico anticomunismo, la propensione alla soluzione violenta dello scontro sociale in atto in Argentina, viene dimostrata con la creazione, per iniziativa di Lopez Rega, della “Triple A” (Alleanza Argentina Anticomunista), una banda parapoliziesca creata per reprimere, uccidendo e sequestrando, i dissidenti politici.
Massera viene eletto Ammiraglio, è il membro della Marina più affidabile e vicino al peronismo, è legato, tramite Gelli, ai gruppi d’interesse che sostengono quel governo ed ha dimostrato in più circostanze la buona disposizione a realizzare la politica repressiva che i conservatori ritengono ormai indispensabile alla pacificazione del Paese.

Quando nel maggio del ’74 Peròn decide di cacciare la Joventud Peronista (da cui il movimento dei “Montoneros”) da un convegno in Plaza de Mayo, Massera è, sorridente, dietro di lui. Il giorno dopo, l’inizio della lotta clandestina che i Montoneros lanciano alle istituzioni, viene accolta da Massera in maniera positiva, conscio di come lo scontro aperto rappresenti il miglior contesto per accrescere rapidamente il proprio potere.

Di lì a poco, la morte di Peròn gli garantisce un ulteriore aiuto all’ascesa, facendogli considerare possibile il raggiungimento della posizione di comando assoluto del Paese, cui segretamente già anelava da tempo. Ha bisogno di irretire Isabel e di eliminare l’ormai scomodo Lopez Rega.

Sostenuto dall’accordo con Gelli, che auspica di poter trarre dalla nuova situazione ulteriori benefici, inizia ad usare la crisi economica e politica in cui versa l’Argentina come pretesto utile a screditare il Ministro del Bienestar. Contemporaneamente organizza una riunione con i rappresentanti delle tre Armi per promuovere l’eliminazione di Lopez Rega dalla scena politica.

Il giorno seguente, l’ormai ex ministro, scappa in Europa lasciando Isabel sola, atterrita, ormai facile preda. Poco impiega Massera a convincere il capo dell’Esercito Videla ad accettare l’idea di un golpe come unico progetto credibile per la “pacificazione” della situazione argentina, l’Aviazione non può far altro che aderire a sua volta.

La dittatura avrebbe assunto come forma di governo quella di un triumvirato chiamato Giunta Militare, composta dai rappresentanti di ogni arma a cui avrebbe ubbidito un presidente, che lo stesso Massera individua in Videla.

Il golpe del 1976
Pochi giorni dopo il golpe, il 28 marzo 1976, il capo della P2, Gelli, scrive a Massera per complimentarsi della riuscita operazione, confidando “la sua sincera allegria per come tutto si è sviluppato secondo i piani prestabiliti” e poi continua: “l’accaduto era prevedibile da parecchio tempo. La precedente amministrazione aveva dimostrato eccessiva fragilità e aveva condotto il paese al limite estremo. Un governo forte e fermo sulle sue posizioni e nei suoi propositi può dare alla Nazione cosa necessita per tornare rapidamente al livello dei paesi più prestigiosi. Un governo che sappia soffocare l’insurrezione dei dilaganti movimenti di ispirazione marxista.”

In questa fase Massera inizia ad elaborare l’idea di edificare uno stato nello stato, uno “stato invisibile”, intendendo la necessità di porre dietro alle intuizioni visibili, altre istituzioni ed autorità clandestine e segrete con l’obiettivo, grazie all’appoggio delle autorità statunitensi, di sequestrare, torturare e reprimere ogni oppositore.

Ogni arma avrebbe avuto la giurisdizione delle zone in cui veniva diviso il Paese ed un certo numero di campi di repressione da gestire sotto la propria responsabilità. La Marina istalla questi campi in tutto il paese ed il quartier generale dell’armata invisibile viene istallato alla ESMA (Escuela Superior de la Armada), nella avenida del Libertador di Buenos Aires. Grandi lavori per trasformare la scuola in un centro di detenzione vengono avviati e Massera si premura di verificarne personalmente la puntuale esecuzione già nel febbraio del 1976.

L'ESMA
Il gruppo di torturatori ed assassini di cui Massera è il capo si chiama “Grupo de Tareas 3.2.2”, di cui il massimo responsabile era proprio il comandante della scuola, Chamorro.
Importante membro dell’organizzazione che si muoveva nella ESMA è il capo dei servizi segreti della scuola, il comandante Jorge Acosta, detto “el Tigre”, braccio destro di Massera. Altro uomo di fiducia è un ufficiale, apparentemente anonimo, Alfredo Astiz, capace di torturare e sequestrare con spietata efficienza.
La ESMA diventa il mezzo utile alla Marina per dimostrarsi efficiente e capace di guidare la Giunta militare, quanto se non più dell’Esercito.

Raggiunto il suo principale obiettivo Massera si dedica ad accrescere il proprio patrimonio personale. Furti ai danni delle famiglie dei dissidenti ed affari più o meno leciti, spesso condotti insieme al suo amico Licio Gelli, lo trasformano rapidamente nell’uomo più ricco del paese. Confermato lo stesso Gelli nel ruolo di responsabile delle relazioni economiche italo-argentine presso l’ambasciata di Roma, ottiene in cambio la garanzia di proteggere mediaticamente l’operato della dittatura in Europa, grazie all’acquisizione di importanti organi d’informazione di cui la “Rizzoli” in Italia ne era l’esempio più lampante.

Nel 1977 la Rizzoli acquista in Argentina la CREA, gruppo che controllava l’ “Editorial Abril”, editrice di diffuse pubblicazioni quali “Siete dias”, “Vosotros”, “Radiolandia2000”. Inoltre fa cacciare dal “Corriere della Sera” l’inviato a Buenos Aires, Giangiacomo Foa, malvisto dai militari per i suoi tentativi di denunciarne i crimini. Massera giunge a promuovere l’attività di una società immobiliare nel quartiere di Belgrano, a Buenos Aires, diretta dal capo del settore logistico del “Grupo de Tareas”, Radice, dedita alla vendita delle case sottratte ai detenuti politici.

Dal 1977 il gruppo inizia ad operare anche in Europa, riuscendo a raggiungere i dissidenti esiliatisi.
Massera accresce smisuratamente la sua già enorme autostima ed inizia ad entrare in dissidio con Videla, di cui invidia gli onori presidenziali.

Ad inizio del ’78 Videla, Massera ed Agosti, giungono all’accordo per cui sarebbero rimasti al potere per altri sei mesi e poi avrebbero ceduto il passo ad un’altra Giunta militare, che però, avrebbe eletto un presidente vero. Massera immediatamente inizia ad aspirare a quella carica, pensa al suo futuro come a quello di un nuovo Peròn.

Nell’agosto del ’78 Massera abbandona l’Armata, nella base navale di Puerto Belgrano. Inizia immediatamente a fare viaggi d’affari, grazie al suo amico Gelli, soprattutto in Europa, alla ricerca di appoggi politici utili alla realizzazione dei suoi obiettivi. L’occasione è il progetto di destinare circa 6000 milioni di dollari al riarmo del paese, all’ammodernamento degli equipaggiamenti di Esercito, Marina ed Aeronautica, da spendere entro il 1980.

Massera in Italia
Gelli intravede immediatamente l’occasione di affari straordinari ed invita Massera in Italia con largo anticipo su chiunque altro. Già nell’ottobre del 1977 Massera è a Roma, con l’idea di vagliare l’ipotesi d’acquisto della fregata “Lupo” prodotta nel cantiere navale di La Spezia, della Oto Melara. Gelli riesce ad organizzare un incontro con Giulio Andreotti, presidente del consiglio in quell’epoca, che in più di una circostanza si è scusato dell’episodio dicendo che si trattava di un “ricevimento che ho attuato in forma privata”. Lo stesso Gelli lo accompagna agli stabilimenti della Oto Melara per prendere visione della merce ma una sorpresa, in un momento tanto turbinoso, blocca l’affare ad entrambi. Una nutrita rappresentanza di operai ha indetto uno sciopero di protesta contro “uno dei membri della tristemente nota giunta militare argentina”.

L’Ammiraglio, travolto dall’opposizione, decide di declinare la conclusione dell’affare, scappando rapidamente dall’Italia. Neanche la visita a Buenos Aires del 25/28 agosto 1978 dell’ammiraglio Giovanni Torrisi, capo di stato maggiore della Marina italiana, cui ovviamente Gelli fa da anfitrione, riuscirà a recuperare l’affare. In compenso Gelli trova più fortuna nel concludere con i militari la vendita di radar e missili dalla società “Selenia”, il cui presidente Michele Principe, risulta coinvolto nella P2.
Massera progetta l’idea di lanciarsi in politica formando il partito che avrebbe chiamato “Movimiento para el Desarrollo Democratico” e che avrebbe dovuto condurlo alla presidenza. L’operazione decisamente avversata dalla nuova giunta militare gli costa molti nemici che giunsero fino ad attentarne la vita, ma l’ex Ammiraglio è ancora troppo ricco e potente per essere fatto fuori.

Il caso Branca
Dopo il ritiro dalla Marina, Massera, impegnato nel crearsi le relazioni utili alla fortificazione del partito che lo avrebbe dovuto portare al governo del paese, pone maggiore attenzione alla sua immagine, enfatizzando quei caratteri mondani che l’hanno reso uno dei protagonisti delle riviste scandalistiche argentine dell’epoca. I capelli, che inizia a tingersi di un nero pece e le giovani “vedette” con cui viene sempre più spesso ritratto, diventano seri motivi d’angoscia per la moglie Lily, sicura che il marito, prima del ritiro, trascorresse tutte le notti alla ESMA ma ora certa dei suoi tradimenti.

La voglia di Massera di apparire sui giornali come un uomo desiderabile, affascinante, di grande successo, lo spinge a partecipare a tutte le occasioni mondane dell’alta società bonaerense. In una di queste circostanze è avvicinato da un’anziana signora che gli presenta la figlia, forse nella speranza di accasarla con un buon partito ed ignara del matrimonio che l’ammiraglio celava. Cristina Mc Cormack, questo era il nome della giovane, non colpisce Massera che però scorge interesse nella sorella minore, Marta, da poco rimasta vedova di uno degli uomini più ricchi d’Argentina, Cèsar Blaquier. Marta è decisamente intraprendente ed a quell’epoca è già fidanzata con un altro milionario, Fernando Branca. La passione per gli uomini di potere probabilmente la spinge ad accettare le “avances” dell’ex ammiraglio.
Fernando Branca era stato una guardia carceraria che aveva costituito le basi della sua fortuna grazie alle amicizie ed ai favori fatti ai detenuti più rilevanti di cui si occupava, in breve tempo diventa misteriosamente milionario, con decine di attività imprenditoriali. “Single” fino ai quaranta anni, riesce a sposarsi e diventare vedovo, prima di unirsi coniugalmente a Marta Blaquier, di cui l’affascina l’appartenenza all’aristocrazia bonaerense e lo stile da gran dama.

Massera apprezza gli stessi caratteri della donna ma, indubbiamente, lo solletica l’idea di ostentare la propria potenza su di un uomo tanto ricco. Una curiosa linea di congiunzione si crea tra un ex guardia carceraria ed il peggior carceriere della storia argentina.
I due entrano in contatto in occasione di una difficoltà bancaria sofferta da Branca: il Banco de la Naciòn gli blocca due milioni di dollari dubitando dell’origine che avevano e la giovane amante ha la cattiva idea di parlarne a Massera; nella speranza di poter aiutare il compagno, lo porta definitivamente nella bocca del leone. Massera invita Branca il giorno seguente nel suo ufficio e gli consegna una lettera con cui presentarsi al Banco Central. Dopo poco i due iniziano a fare affari insieme, arrivano addirittura a progettare la fondazione di una banca insieme, ma di certo non sono uomini d’onore, il loro sodalizio è solo di convenienza ed il disprezzo e l’astio è reciproco.

Presto Marta, seccata dal sentirsi sfruttata da Massera, informa il militare che il coniuge sta organizzando una truffa da sei milioni di dollari in un affare che i due praticano insieme a Punta del Este, nella ingenua speranza di allontanarli. In realtà propizia l’irreparabile, Massera invita la coppia a partecipare ad un “asado” il giorno seguente ed in questa circostanza Branca viene invitato a salire in macchina con Radice ed il capitano Inverno, due fidati uomini di Massera: sarà il suo ultimo viaggio. Massera resta con Marta ancora per qualche mese, il tempo necessario a convincerla a girargli i diritti all’eredità dello scomparso, per poi passare ad una nuova, illustre, relazione con Graciela Alfano.
Mesi dopo è a Rio de Janeiro, quando il giudice federale ne chiede la cattura per la sparizione di Branca. La denuncia è esposta dalla madre di Branca, appoggiata da Patricio Kelly, che incarna l’offensiva portatagli da Videla e da Ibarra, segretario ed amministratore personale di Branca.

Massera capisce subito che, non essendo la vittima della sparizione un militante politico, la sua difesa non sarebbe rientrata nelle dinamiche delle desapareciones antisovversive.

Il primo giudice ad occuparsi della vicenda è Pedro Narvaiz, ma la paura di Massera lo fa rinunciare rapidamente all’indagine. Prende il suo posto Oscar Salvi, un giudice appoggiato dall’Esercito e dall’Aviazione, assetato di notorietà che pensa subito a concentrare l’attenzione dei media sul processo, attirandovi tutte le forze contrarie ai militari.

Quando Massera atterra ad Ezeiza, Salvi è ad attenderlo annunciando agli organi d’informazione che quel processo avrebbe cambiato la storia della nazione.

Il processo è seguito dagli argentini come se fosse la finale della coppa del mondo di calcio. Massera nelle prime udienze è sicuro, ostenta sorrisi, giunge perfino a negare di conoscere Branca, ma presto deve scontrarsi con le prove accumulate da Ibarra.
Il segretario di Branca rivela che il giorno della scomparsa ha ricevuto un telegramma con le iniziali del suo capo, che peraltro non aveva l’abitudine di firmare con le sigle, in cui lo invitava a recarsi al parcheggio dell’aereoporto di Ezeiza per recuperare la sua vettura. Qui trova, al posto del conducente, un’altra lettera, scritta con i ritagli di lettere di giornale, con scritto “mi assento per alcuni giorni”. Ibarra, il giorno stesso, si reca con il telegramma ricevuto all’ufficio centrale della Posta, dove lo avvertono che è falso, frutto della contraffazione di un altro di cui però si conserva il numero di codice: quello di un telegramma di felicitazioni per l’ammiraglio Massera e Maria Ezcurra.
Questa è la prova che fa cadere mediaticamente le difese di Massera, l’idea del “Partito per la Democrazia Sociale” naufraga definitivamente.

Negli atti finali della battaglia legale gli avvocati di Massera tentano disperatamente di dimostrare che Branca è fuori dal paese, grazie a controlli delle frontiere di Argentina, Brasile ed Uruguay che registravano il suo passaggio con una donna chiamata Amelia Caneva.

Emerge dalle indagini imposte dal giudice che l’uomo che si faceva passare per Branca è un individuo alto e biondo, del tutto dissimile dalla vittima a cui è stato sottratto il passaporto e che Amelia Caneva è una sovversiva. Così viene smascherato il tentativo disperato, partorito nella ESMA, di scagionare Massera.
Salvi, d’ora in poi, chiama a deporre tutti i testi possibili, intento a raggiungere la massima notorietà per se stesso ed il massimo discredito per l’ex-ammiraglio.
Anche questo atteggiamento determina che il giudizio duri fino al 1985, facendo cadere la pena in prescrizione.

Gli anni '80
Nel 1983 il governo del generale Bignone emana una legge segreta che ordina la distruzione degli archivi dei campi di detenzione, poco più tardi il governo emana un’altra legge con cui i militari si concedono una-auto amnistia, per tutti crimini commessi dal marzo del 1976. Intanto trattano segretamente con il partito peronista, promettendogli che avrebbe preso il potere pacificamente se si impegnava a non processare i militari. La vittoria delle elezione del Partito radicale di Alfonsin consente la costituzione della Conadep (la commissione presieduta da Sabato incaricata a raccogliere la documentazione relativa alle violazioni dei diritti umani commessi dalla Giunta) e l’inizio del giudizio ai militari nel aprile del 1985. Massera si presentò al processo in alta divisa, difeso dall’avvocato Prats, uno dei pochi disponibili a difenderlo in quel momento, dietro pagamento di oltre 200.000 dollari; ovviamente.

Democrazia e impunità
Massera viene condannato con Videla, il 9.12.1985 all’ergastolo (per solo per il 10% dei crimini commessi). Nel 1989 le elezioni porteranno alla vittoria di Carlos Menem, che sarà l’incaricato di concedergli l’indulto.





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